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Gli amici del trust

Il Blog di Ennio Vial

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Postilla » Fisco » Il Blog di Ennio Vial » Commercio e fiscalità internazionale » E’ sbucata una tassazione C.F.C. sui trust esteri opachi?

5 gennaio 2011

E’ sbucata una tassazione C.F.C. sui trust esteri opachi?

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La circolare 61 dello scorso 27 dicembre ha affrontato due grossi temi sui trust: quello dell’interposizione e quello della tassazione dei trust esteri.

L’interesse degli operatori è sicuramente volto alla seconda questione. Il penultimo paragrafo della circolare è molto denso e, se analizzato parola per parola, ci accorgiamo che esce un quadro nuovo.

Un beneficiario italiano di trust esteri è qui tassato, non solo sui redditi prodotti all’estero dal trust trasparente, ma addirittura su quelli del trust opaco. In sostanza, sembra saltar fuori una sorta di disciplina cfc sui trust esteri che lascia assolutamente sconcertati. A parte la “piccola” obiezione secondo cui ci vorrebbe una norma di legge che prevedesse ciò, non si può fare a meno di rilevare come questa interpretazione crei problemi interpretativi di non poco conto.

Supponiamo che un genitore abbia istitutito un trust internazionale a favore dei discendenti, magari un trust di accumulo dove i redditi non vengono assegnati ma accorpati ccol capitale. Il discendente deve essere tassato per trasparenza tutta la vita quando i beni andranno magari ai suoi figli (ossia i nipioti dei disponenti)?

Si deve ritenere che un trust estero opaco, per attribuire la tassazione ai beneficiari, richieda un atto dispositivo del trustee il quale, avvalendosi della discrezionalità conferitagli dall’atto istitutivo, decida di attribuire i frutti al beneficiario italiano.

Sotto un profilo biecamente pratico, ritengo che la circolare imporrà qualche attenzione ulteriore nella fase di stesura dell’atto di trust e di gestione dell’istituto nella successiva fase di funzionamento.

Il trust è un abito su misura, non un copia incolla scroccato fortuitamente da ragalare!!!!

Inoltre, una attenta e auspicata attività accertativa da parte del fisco spazzerà via i consulenti improvvisati sul tema che stavano ultimamente spuntando come funghi nel bosco dopo il temporale ……

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32 Commenti a “E’ sbucata una tassazione C.F.C. sui trust esteri opachi?”

  1. Marco Piazza Giovanni Barbagelata scrive:
    Scritto il 7-1-2011 alle ore 19:17

    Sicuramente la circolare 61/E del 2010 compie una rilevante virata rispetto alla circolare 48/E del 2007 e, va detto, anche rispetto al tenore letterale della norma (in questo senso, v. “Trust esteri sempre tassati” in Eutekne.info del 28 dicembre 2010 e E. Lo Presti Ventura “Trust «opachi» a tassazione immediata” sulla stessa rivista del 4 gennaio 2011).
    Per quanto riguarda i trust esteri “trasparenti” con beneficiari residenti, la circolare ha la portata di estendere il regime di tassazione per trasparenza ai redditi di fonte estera imputati ai beneficiari stessi.
    La circolare 48/E, invece, affermava che “il trust non residente, che è soggetto passivo Ires per i soli redditi prodotti in Italia, imputa per trasparenza «tali redditi» ai soli beneficiari residenti, quali titolari di redditi di capitale”. La locuzione “tali redditi” era inequivocabilmente riferita ai “soli redditi prodotti in Italia”.
    Lo scopo – come spiega la stessa circolare 61/E – è di evitare “il conseguimento di indebiti risparmi di imposta” e di assicurare che “il trust estero venga assoggettato a tassazione analogamente ai trust italiani” e, in particolare, per quanto riguarda i trust trasparenti “con riferimento alla quota di reddito imputabile al beneficiario italiano”.
    Come giustamente osserva E. Vial, la parte della circolare che maggiormente sorprende è quella nella quale si occupa dei trust opachi non residenti. Premesso, infatti, che si vogliono contrastare risparmi fiscali “che potrebbero essere conseguiti, ad esempio, nell’ipotesi di trust opachi costituiti in giurisdizioni straniere a regime fiscale agevolato”, la circolare precisa che, in base alla nuova interpretazione, alla tassazione ridotta in capo al trust corrisponderebbe, comunque, l’imposizione in capo al beneficiario residente secondo il regime del più volte citato articolo 44, comma 1, lettera g-sexies), del TUIR.
    Come giustamente osserva da E. Vial, se, in questo modo, la circolare intendesse assoggettare a tassazione per trasparenza (quindi a prescindere dalla percezione da parte del beneficiario) i redditi prodotti da trust opaco non residente, si porrebbe a carico del beneficiario italiano un adempimento impossibile. Se il trust è “discrezionale” quanto all’attribuzione dei redditi, il beneficiario è spesso all’oscuro dei redditi prodotti dal trust (e a volte dell’esistenza stessa del trust) e, a maggior ragione, non è in condizione di sapere se questi redditi siano o meno stati in tutto o in parte già tassati in Italia.
    Si deve quindi ritenere che l’intento dell’estensore della circolare sia di tassare i redditi in discussione solo nel periodo d’imposta in cui vengono introitati dal beneficiario residente. Con un’interpretazione palesemente estensiva dell’articolo 73, comma 2, ultimo periodo del Testo unico.
    Ma, come sempre, l’intento antielusivo rischia di creare discriminazioni al contrario.
    Cosa accade, infatti, se il trust non residente è stato tassato all’estero, come spesso accade per i redditi di natura finanziaria, attraverso l’applicazione di ritenute alla fonte nello stesso stato estero o in un terzo Stato?
    Se il trust è trasparente e il trustee è in grado di certificare le imposte di competenza del beneficiario italiano, è ragionevole che spetti in credito d’imposta di cui all’articolo 165 del Testo unico (lo si può argomentare leggendo al contrario la risoluzione 17% del 2006).
    Ma se il trust è opaco, la doppia imposizione appare difficilmente evitabile.

  2. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 9-1-2011 alle ore 18:26

    Se la lettera g-sexies del comma 1 dell’art. 44 TUIR fosse stata applicabile a tutti i trust (sia trasparenti che opachi), avrebbe dovuto fare riferimento al comma 1, lett. d) dell’art. 73, e non al comma 2.
    Il riferimento al comma 2 indica invece inequivocabilmente che i redditi in questione sono solo quelli “imputati” dai trust “nei casi in cui i beneficiari dei trust siano individuati”.
    Una estensione del g-sexies ai redditi “distribuiti” (o peggio ancora imputati) da trust “opachi” sarebbe del tutto arbitraria e priva di base normativa. Inoltre, creerebbe gli insormontabili problemi da voi già evidenziati.

    A me sembra che la circolare non possa riferirsi ad altro che ai trust “trasparenti” esteri, e che il problema derivi dal fatto che un trust estero, per quanto trasparente, sia soggetto “in proprio” ad imposta in Italia per i redditi qui prodotti in modo simile alle società di persone non residenti (e si comporti quindi in modo fiscalmente analogo ad un trust residente “opaco”).
    L'”allineamento” di cui parla l’Agenzia riguarda secondo me soltanto il trattamento fiscale del trust estero riguardo:
    – ai redditi prodotti dal trust estero (sia opaco che trasparente) in Italia, rispetto ai quali si comporta SEMPRE come un trust domestico opaco, e
    – ai redditi imputati dal trust estero (SEMPRE E SOLO trasparente) ai beneficiari residenti, nel qual caso si comporta come un trust domestico trasparente.
    Ovviamente, la problematica del trattamento fiscale delle distribuzioni effettuate da un trust estero opaco in favore di beneficiari residenti è assai rilevante (forse in assoluto la più rilevante dal punto di vista pratico), ma il contributo della circolare a questo riguardo non appare significativo.

  3. carlo scrive:
    Scritto il 11-1-2011 alle ore 18:46

    scusate ma trovo decisamente più devastante le novità teorizzate dalla 61 sull’ interposizione. la casisistica citata va ben oltre gli ipotetici tentativi di intestazione fittizia .arriva a definire interposto il trust in cui siano previste attribuzioni di beni ai beneficiari.e a che cosa dovrebbe servire un trust? se il beneficiario è un figlio o un disabile non posso scrivere istruzioni al trustee su come investire il patrimonio e come attribuirlo al soggetto? devo limitarmi a conferirlo e poi il trustee ne fa cosa vuole? magari mi compra le obbligazioni greche o argentine? se voglio che attribuisca una rendita minima anche intaccando il capitale iniziale non posso istruirlo? glielo dico in un orecchio? il problema dell’ interposizione ricade tra l’ altro anche su quelli esteri. se tutto è interposto nessun trust esiste fiscalmente

  4. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 11-1-2011 alle ore 18:57

    Le novità teorizzate dalla circolare riguardo alla “inesistenza” (quale conseguenza dell’interposizione) dei trust sono certamente rilevanti, ma io non credo che debbano essere interpretate in senso massimalistico, in quanto altrimenti si arriverebbe a negare radicalmente il principio (affermato dalla legge) di soggettività tributaria del trust.

    Siccome TUTTI i trustee devono – prima o poi – attribuire i beni ai beneficiari, questo non può rappresentare il discrimine dell’interposizione: a mio avviso deve essere inquadrato nel criterio generale della “trasparenza” dei trust enunciato rispetto ai redditi.
    Il trust sarà “inesistente” (ovvero “trasparente” rispetto al patrimonio) quando il beneficiario ha azione nei confronti del trustee per ottenere una quota di patrimonio, ovvero quando il trustee sia OBBLIGATO a distribuire patrimonio al beneficiario a fronte di una richiesta meramente arbitraria.

    Questa fattispecie rientrerebbe, in termini generali, nella ipotesi di trust “revocabile” o trust “a termine” e la conseguente “inesistenza fiscale” non sarebbe quindi una grossa novità: è infatti noto che la possibilità di far cadere i vincoli del trust sui beni indebolisce fortemente la tenuta fiscale del trust stesso, rendendolo simile ad una intestazione fiduciaria.

  5. carlo scrive:
    Scritto il 12-1-2011 alle ore 12:09

    sono pienamente d’accordo con giorgio d’amico. peraltro questo era l’ orientamento della precedente circolare . la 61 ha voluto espressamente ampliare la casistica fino a svuotare la possibilità di istruire minimamante
    trustee cito testualmente:
    -trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal
    trustee;
    non posso scrivere una clausola che se la redditività del cpaitale è insufficiente il trustee deve prelevare parte del cpaitale per far fronte alle esigenze del beneficiario?
    -trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto delle indicazioni fornite
    dal disponente in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da
    questo generato;
    confligge perfino con la mifid. oggi qualsiasi capitale dato in gestione richiede che il beneficiario fornisca delle indciazioni sugli strumenti a lui adatti e sul profilo di rischio .
    quindi il profilo di rischio per la mifid se lo compila il trustee a piacimento senza che il disponente possa dargli la minima indicazione pena l’ inesistenza del trust?
    e per finire
    -ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come
    individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo
    limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o
    dei beneficiari.
    ????????!!!!!

    qui c’è poco da interpretare .hanno messo nero su bianco uno svuotamento totale dell’ istituto.

  6. Alberto Franceschetti scrive:
    Scritto il 12-1-2011 alle ore 13:17

    Condivido ovviamente le vostre posizioni.
    La fattispecie di chiusura che parla di ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee, così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari appare inadeguata.
    Dobbiamo necessariamente intenderla nel senso che i soggetti del trust possano liberamente comunicare con il trustee rendendolo edotto di circostanze che presentano profili di interesse.
    Ben potrà questi decidere allineandosi con le indicazioni ricevute: importante è che queste non risultino limitanti del suo potere.
    Il rapporto più delicato è forse quello tra disponente e trustee. Non possiamo ritenere interposto il trust solo per il fatto che il disponente manda una lettera di desideri …. Un conto sono gli wishes, un conto sono i poteri vincolanti ….

  7. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 12-1-2011 alle ore 17:37

    Il problema sta tutto in quello che il trustee “deve” oppure “può” fare o non fare.

    Se il trustee DEVE prelevare patrimonio per pagarlo al disponente o ai beneficiari, il trust si indebolisce (e rischia di essere considerato “inesistente in quanto interposto dall’amministrazione finanziaria”).

    Se invece il prelievo è rimesso alla DISCREZIONALITA’ del trustee (che PUO’ farlo se lo ritiene opportuno, ma non è obbligato), a mio avviso non ricadiamo nell’interposizione.

    Inoltre, “condizionato” non vuol dire “influenzato”: se il trustee NON PUO’ fare una cosa senza il consenso del disponente, i suoi poteri saranno “condizionati” (in quanto sottoposti a condizione).
    Ma se il trustee ha un potere incondizionato per agire, l’eventuale “influenza” esterna è irrilevante.

    In conclusione, l’istituto non è svuotato, ma certamente bisogna essere molto attenti: tutto quello che si allontana dal trust pienamente irrevocabile e discrezionale (e che sia anche gestito di conseguenza) diventa rischioso…

  8. carlo scrive:
    Scritto il 12-1-2011 alle ore 19:07

    non voglio essere pedante.
    un trust a favore di un minore con un pesante handicap che richiede cura e assistenza costante non puòlasciare alla discrezionalità e alla valutazione del trustee . il trustee deve avere istruzioni precise su come assicurare quanto necessario al beneficiario.

    un trust che voglia sfruttare l’ agevolazione sul passaggio generazionele di un’ azienda ( perfettamente ammessa da precedenti circolari )dovrà contenere il preciso divieto al trustee di alienazione delle azioni che pregiudicherebbe lo scopo stesso del trust( oltre che la perdita dell’ agevolazione prevista dalla legge)

    la realtà è che all’a genzia delle entrate hanno capito poco e niente delo strumento . elo testimoniano le ripetute bocciature da parte delle commissioni tributaria dell’ impostazione sull’applicabilità delle imposta sulle donazioni.
    adesso arrivano a seminare incertezza sugli operatori con interpretazioni non supportate dalla norma che arrivano a censurare ipotesi perfettamente lecite e dove lo scopo elusivo è inesistente.
    senza contare che quale può essere la cautela di fronte al rischio di contestazioni in merito a redditi non tassati per trasparenza in capo a beneficiari e o disponenti( quali dei due poi naturalmente a lancio della monetina)?
    interpello ogni volta?

  9. Riccardo Fabrin scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 09:05

    Buongiorno a tutti!!!
    La mia opinione è che il problema non sia quello di valutare eventuali limitazioni programmatiche del trustee espresse nell’atto istitutivo.
    Condivido in pieno la tesi di Carlo secondo cui non posso lasciare discrezionalità totale al trustee.
    Ma a mio avviso un conto è vincolare il trustee durante il suo operato, un conto è affidargli iun programma iniziale da portare avanti……
    In questo secondo caso non si può parlare di interposizione.
    Altrimenti gli unici trust leciti sarebbero quelli discrezionali al 100%: dispongo i beni in trust e lascio la massima discrezionalità anche sui beneficiari degli stessi….

  10. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 09:18

    Il punto di Riccardo e’ corretto: un conto e’ l’interferenza del Disponente DURANTE la vita del trust, un conto la definizione di un programma nella fase istitutiva.

    La discrezionalità va intesa come autonomia del trustee nel perseguire gli scopi del trust (scritti nell’atto istitutivo) non come mero arbitrio …

    Pero’ e’ evidente che se l’atto e’ troppo prescrittivo (e dice cosa bisogna dare a chi e quando), si viene a creare un “diritto” in capo al beneficiario che può creare il problema fiscale.

  11. Giovanni scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 13:05

    Scusate ma allora l’utilizzo del trust come strumento alternativo ai patti parasociali (voting trust) deve essere considerato fittizio?
    volevo consigliarlo ad un alcune compagine sociali particolarmente litigiose, ma a questo punto mi vengono i brividi.

  12. carlo scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 16:35

    @Giovanni . sicuramente è interposto
    il voting trust classico prevede per definizione che il trustee eserciti i dirittidi voto di socio ma sia obbligato a trasferire sistematicamente i benefici economici ( dividendi ,riserve ecc )delle azioni ai beneficiari. e’ in effetti a mio modesto parere l’ unico caso in cui ha senso la trasparenza fiscale in quanto per disposizione stessa dei disponenti si intende conferire al trustee i soli poteri di controllo societario pur continuando a godere dei benefici economici della titolarità delle azioni.anche gli ordinamenti stranieri lo trattano per trasparenza.
    purtroppo il corso “cepu” di trust che hanno fatto quelli dell’ agenzia entrate li ha portati a sparare un pò nel mucchio.
    il vero caos è che salvo interpello, depositare un trust è come iniziare uno slalom speciale dove potrebbero venirti a dire dopo un pò che hai saltato una porta. cosa dici ai clienti se dopo un paio di anni saltano fuori a contestargli che non hanno tassato per trasparenza i redditi da capitale?

  13. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 17:08

    Non sarei cosi’ catastrofista…

    Se il trust è fatto bene, i rischi sono ampiamente gestibili.
    Del resto, non si può nemmeno dire che il nostro sistema fiscale assicuri in ogni circostanza la assoluta certezza del diritto (!): ci sono altri ambiti in cui occorre accettare dei margini di rischio.
    Tenete anche presente che se il reddito è tassato alla fonte a titolo d’imposta l’intero dibattito opaco/trasparente (ed anche interposto) diventa sterile ed i rischi si azzerano.

    Certo, come diceva Ennio all’inizio, per fare un trust occorre sapere di cosa si sta parlando: l’improvvisazione è assai pericolosa.

    Come si diceva per scherzare tanto tempo fa riguardo all’elusione fiscale, i trust interposti sono difficili da descrivere a parole, ma quando li vedi li riconosci subito :-)

  14. Giovanni scrive:
    Scritto il 13-1-2011 alle ore 17:56

    Sinceramente non mi occupo di atti istitutivi e non mi verrebbe in mente di farlo!
    A me interessa il profilo fiscale e la dottrina non mi sembra cristillina sul seguento questo punto:
    il disponente può ricevere redditi dal trust?

    A quanto pare si, in quanto è impensabile che un soggetto si sposessi dei suoi beni per non avere niente.

    Lasciamo perdere il voting trust.
    Ma nel trust liberale è pensabile che il disponente sia soggetto alla totale discrezionalità del trustee?.

    Ho visto le recenti clausole tipo : ” il trustee deve garantire un tenore di vita decorosa al disponente ecc. ecc.”
    Ma so anche che il concetto di vita decorosa viene puntualizzato in modo tale che…alla fine il disponente ha diritto ad una sorta di “dividendo”.

    Inoltre ritengo che i fautori del trust non dovrebbero “elitizzarlo”, perchè i professionisti del trust a volte esagerano sulle prestazioni.

    E’ possibile che per una gestione passiva di beni senza rischi alcuni un trustee mi venga a chiedere al cliente € 8.000 all’anno?

  15. Roberto Gallo scrive:
    Scritto il 14-1-2011 alle ore 13:19

    Dai primi scritti del Prof.Lupoi che mi appassionavano quando facevo la scuola notarile alla mia successiva esperienza professionale in U.K. tanto tempo è passato ma – come era prevedibile -l’inesistenza “concettuale” nel diritto romano germanico della causa fiduciae finisce col prevalere. La figura del trust puo’ funzionare – e funziona! – solo in altre giurisdizioni e lo sforzo nazionale delle menti dottrinali e professionali migliori è destinato a creare solo sconcerto e confusione nei Clienti. La mia è solo una diagnosi ma credo possa servire per aprire la possibilità ad una cura – legislativa – che deve avere al centro dell’attenzione il fine di conservazione “familiare” di un patrimonio e non la ricerca di mezzi irrazionali per aggredire ogni forma di reddito.

  16. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 14-1-2011 alle ore 14:52

    Non mi sembra il caso di essere cosi’ drastici…

    La storia dell’incompatibilità del trust con il nostro ordinamento è superata da tempo, e non può essere una circolare dell’Agenzia delle Entrate (che non vola davvero cosi’ in alto) a rimetterla in discussione.

    Personalmente, visto il precedente dei patti di famiglia, non credo sia veramente auspicabile un intervento legislativo in questo campo…

  17. carlo scrive:
    Scritto il 14-1-2011 alle ore 15:14

    sono d’ accordo . l’unica ad essere incompatibile con il nostro diritto è l’ agenzia delle entrate. la cassazione ha più volte ribadito che i bollettini di questi signori non valgono nulla.l’ amministrazione finanziaria italiana ha deciso di votarsi alla guerriglia disorientando gli operatori.
    a questo punto abbiamo la quasi totalità dei trust inensistenti per i redditi. ma in ogni caso anche sull’ autodichiarato vogliono o l’ imposta delle donazioni all’ aliquota massima.
    sono volgarità giuridiche

  18. Gold scrive:
    Scritto il 14-1-2011 alle ore 19:32

    Che il trust non sia incompatibile con il nostro diritto è chiaro.
    Ma con la clausola generale antibuso individuata dalla cassazione a sezione unite e più volte ripresa dalla corte suprema bisogna essere cauti.

    Quanti giudici della corte suprema hanno una preparazione necessaria sul tema?

    Le procure della repubblica si stanno muovendo (su casi eclatenti è vero) per inquadrare l’abuso di diritto in sorta di truffa ai danni dello stato.

    Io credo che l’osservazione di roberto galli si possa calare in queste situazioni.

  19. maddalena scrive:
    Scritto il 14-1-2011 alle ore 21:58

    I post sono emblematici del problema.

    Per esempio carlo ritiene che i voting trust siano interposti perchè il reddito viene imputato direttamene al beneficiario disponente.

    In realtà ciò che conta è il seguente punto:

    Il rispetto dei vincoli posti dalla convenzione dell’aja e dalla legge straniera di riferimento.

    Una volta rispettatati perchè dovrebbe essere considerato sham un trust ?

    E’ se è “trasparente” il reddito percepito dai beneficiari perchè non posso applicare la disposizione del tuir che lo considera reddito di capitale?

    In fin dei conti il nostro TUIR parlo chiaro sul punto e così le Circolari ministeriali.

  20. Ennio Vial scrive:
    Scritto il 15-1-2011 alle ore 10:39

    Una osservazione sul commento ultimo di Carlo.
    Clausole tipo : ” il trustee deve garantire un tenore di vita decorosa al disponente ecc. ecc.” è una clausola legittima. E’ evidente che potrebbe prestarsi ad abusi…..
    La realtà è che non si può generalizzare e – come dice Giorgio – auspico anch’io che NON ci sia un intervento normativo sul trust ….. tremo già all’idea….

    Carlo evidenzia inoltre che i fautori del trust non dovrebbero “elitizzarlo”, perchè i professionisti del trust a volte esagerano sulle prestazioni. Egli nota come che per una gestione passiva di beni senza rischi alcuni un trustee gli venga a chiedere al cliente € 8.000 all’anno.
    Il pricing è un tema delicato perchè dipende dal lavoro svolto …. certo che nel mercato c’e’ gente che ci marcia…. le tariffe sono normalmente sensibilmente minori….

  21. Roberto Gallo scrive:
    Scritto il 15-1-2011 alle ore 19:52

    La questione della compatibilità del Trust nel sistema di Diritto Italiano non puo’ porsi in forza dell’art.1322 C.C.(che ha oltre mezzo secolo di vita) e col richiamo sistematico ad altre norme di Legge (Convenzioni). Quindi non é sull’istituto che deve essere posto l’accento (e la risposta) ma sulla “causa” che sorregge l’atto e, quindi sul concetrto alla base del contratto (causa fiduciae)(Prof.Sacco, Lezioni di Diritto Privato). La causa é riconosciuta dall’Ordinamento italiano e quindi il Trust é un negozio ammissibile. Diversa é la posizione del Fisco che, erroneamente, pur “subendo” il Trust riconoscendone l’ammissibilità ne priva, di fatto, gli effetti. Chi può, in Italia, consigliare ad un Cliente un Trust – da smontare velocemente “prima che arrivino” o una struttura holding di tremontiana memoria ( fatte e smontate a centinaia con l’arrivo di SuperVisco)?
    L’interprete non puo’ “forzare” il Sistema che ben si guarda da una disciplina chiara e definita sull’argomento, con cio’ rafforzando la posizione torquemadesca dell’Agenzia dell’Entrate.Solo il Legislatore può aprire il varco ad un concetto che, (cito a mente le parole di un Cliente americano)”per i prossimi 500 anni ho definito tutto(!?!). Tralascio, per non abusare della vostra pazienza, delle cd. Fiduciarie (causa fiduciae)e delle recenti comunicazioni ex Guardia di Finanza relative alla scudo fiscale….

  22. Riccardo Fabrin scrive:
    Scritto il 16-1-2011 alle ore 10:30

    Tutto sommato vi sono passaggi della circolare in cui si coglie come l’interposizione fiscale sia cosa diversa da quella civilistica.
    E’ come dire: guardate che il trust non è in discussione sotto il profilo civilistico solo che fiscalmente basta che il trustee sobbalzi per uno starnuto del disponente e il trust diviene interposto….

    Il vero problema è che la bassa fiscalità del trust si elimina con un intervento normativo e non con altri mezzi!!!

  23. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 16-1-2011 alle ore 11:44

    Condivido il punto di Riccardo.

    Dire che un trust è fiscalmente “discutibile” non significa che non sia civilisticamente valido!

    Il commento dell’Agenzia certamente si inserisce in un ambito puramente fiscale… peraltro, tornando all’ambito puramente ficale, qualcuno di voi ha capito quale sia il riferimento normativo della “inesistenza” come conseguenza della “interposizione”?

    La circolare non cita nessun articolo di legge, ma a me sembra che la “inesistenza fiscale” non possa derivare che dall’art. 37 del DPR 600/73.

    Se cosi’ è, l’AE non fa altro che specificare le circostanze in cui il Trustee “appare” titolare di redditi che in realtà sono di competenza di qualcun altro…

    Qualcuno ha altri suggerimenti?

  24. Giorgio D'Amico scrive:
    Scritto il 16-1-2011 alle ore 11:53

    Vorrei inoltre segnalare un passaggio della Circ. 48/07:

    “Ove abbia scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva in capo al trust che lo ha realizzato, il reddito non concorre alla formazione della base imponibile, ne’ in capo al trust opaco ne’, in
    caso di imputazione per trasparenza, in capo ai beneficiari.”

    … e se il trust è “inesistente in quanto interposto”, che succede??? o_O

  25. maddalena scrive:
    Scritto il 16-1-2011 alle ore 18:24

    @giorgio d’amico.
    Dal mio punto di vista l’amministrazione non ha più bisogno di citare in modo esporesso l’articolo 37, in quanto può avvalersi dell’abuso di diritto che ricomprende tutto!

    E’ evidente che in questa ipotesi l’AE debba dimostrare un ingiusto risparmio di imposta.
    Nel caso di redditi soggetti a tassazione a titolo d’imposta ritengo che l’amministtrazione non perda del tempo, considerato che le sue belle imposte le ha già percepite.

  26. giovanni scrive:
    Scritto il 18-1-2011 alle ore 16:16

    “E’ evidente che in questa ipotesi l’AE debba dimostrare un ingiusto risparmio di imposta.
    Nel caso di redditi soggetti a tassazione a titolo d’imposta ritengo che l’amministtrazione non perda del tempo, considerato che le sue belle imposte le ha già percepite.”

    Non ne sarei così sicuro. Dipende se il veicolo avevo lo scopo di eliminare una tassazione proporzionale a favore di una di una tassazione a titolo d’imposta.

    In altri termini: bisognerebbe capire meglio la fattispecie.

  27. Riccardo Fabrin scrive:
    Scritto il 23-1-2011 alle ore 14:09

    Il trust non commerciale è tassato sui redditi finanziari con le varie imposte sostitutive e ritenute alla stregua di un privato.
    L’interposizione in questi casi non dovrebbe sortire effetti in quanto si tratta di una tassazione sostitutiva.
    Ovviamente i discorsi cambiano se il soggetto a cui vengono imputati questi redditi è una entità che opera nella sfera di impresa, ma sarebbe un caso raro ….

  28. GG scrive:
    Scritto il 15-3-2012 alle ore 00:33

    Salve a tutti, intervengo con un certo ritardo, ho visto la conversazione solo ora. Sono residente italiano e mi sto affidando ad un professionista anglosassone per il set up di un trust per mio figlio e discendenti (tutti non residenti italiani, ma residenti all’estero da anni). Nel trust verra’ contribuito solo un ammontare monetario, il trust e’ discrezionale e irrevocabile, e non posso dare alcuna istruzione ai trustee (non residenti) o al protector (non residente). IL trust ha lo scopo di investire in private equity.
    Leggendo la circolare pare che se il trust ha residenza in un paese opaco, come Isola di Man o Jersey o Gibilterra, tutti i redditi o le plusvalenze del trust sarebbero tassabii in capo al settlor (cioè io). La cosa mi sembra pazzesca, perché’ questo vuol dire che si possono praticamente fare set up solo in lussemburgo per evitare problemi. Posso sapere qual e’ la vostra interpretazione? Mi sto chiedendo a cosa serva un trust se quello che ho scritto fosse vero… grazie, saluti

  29. GG scrive:
    Scritto il 15-3-2012 alle ore 00:35

    Preciso: il trust ha il solo scopo di trasferimento generazionale, e serve a fare in modo che mio figlio ed i discendenti non sperperino i risparmi e/o le varie compagne/ mogli se ne approprino. Grazie, saluti

  30. Ennio Vial scrive:
    Scritto il 17-3-2012 alle ore 09:26

    La circolare 61 si è inventata una tassazione per trasparenza dei trust esteri e – si badi – a prescindere che siano white list o black list.
    Sul tema molto si è scritto e molti hanno anche scritto e detto sciocchezze.
    Volendo anche rimanere nell’alveo della circolare dobbiamo ritenere che il disponente non sia tassato ai fini delle imposte sui redditi se non riceve frutti in quanto si tratta di un trust di accumulo.

  31. Salvatore di Salvatore scrive:
    Scritto il 17-6-2012 alle ore 20:05

    L’istituzione di un trust opaco, discrezionale ed irrevocabile ove il trustee abbia il dovere di accumulare a capitale per un certo numero di anni qualsiasi bene o diritto percepito patrimonializzandolo, non può subire alcuna tassazione. La circolare n. 61 non può superare tali principi qualsiasi scopo la stessa abbia effettivamente mirato.Ovviamente tutto ciò deve essere scritto adeguatamente nell’atto di trust, insieme ad un numero di altri aspetti non meno necessari ai fini fiscali e non.

  32. Ennio Vial scrive:
    Scritto il 17-6-2012 alle ore 21:09

    E’ vero. Il trust di accumulo non può essere tassato.
    Tre l’altro il beneficiario potrebbe addirittura non conoscere di essere tale!!

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